Dopo aver visitato Fez, Rabat e Casablanca, decidiamo che è ora di spingerci a sud, di salire sul mitico Marrakech Express per raggiungere la porta del deserto.
Siamo a Casablanca da qualche giorno e abbiamo visto tutto il possibile. Col nuovo tram dalla fermata del Marché Central ci dirigiamo alla stazione di Casa Voyageurs per prendere un treno che sarebbe dovuto arrivare a destinazione in poco più di tre ore; il costo del biglietto in prima classe e con prenotazione del posto è di 140 Dh. Devo dire che entrambe le stazioni di Casablanca non reggono affatto il confronto con le meraviglie luccicanti di marmo delle altre città.
Al binario arriva un treno; mi pare un po' troppo corto per essere il nostro perciò domando al capostazione, convinta di aver sbagliato binario. Invece siamo nel posto giusto, è solo che prima deve passare questo treno qua. Va bene, poco importa se l'orario è quello del nostro. Passano altri minuti ed ecco un altro treno, ma nemmeno lui è il Marrakech Express: ormai il controllore, che ha preso a cuore le sorti di questa famiglia zaino in spalla, mi fa cenno di non salire e che penserà lui a dirci quando sarà quello giusto. E così, con quasi un'ora di ritardo, all'arrivo del terzo mezzo ci annuncia con orgoglio che possiamo salire: ok il treno è giusto!
Il tempo perso in stazione non è niente rispetto a quello che abbiamo dovuto aspettare fermi in mezzo al nulla. Così, a neanche un'ora da Marrakech, questo treno che di espresso ha ormai soltanto il nome, si ferma e meno male che c'è l'aria condizionata; fuori una vegetazione che prelude il deserto e terra riarsa dal sole.
Finalmente riparte e, anziché a mezzogiorno, arriviamo alle due passate. Scendiamo e uno schiaffo di aria calda e secca ci colpisce dritto in faccia: la colonnina segna 49°. Per questo decidiamo che ci saremo separati e sarei andata da sola a cercare un albergo. Lascio Graziano e i bambini al fresco della bella stazione climatizzata e salgo su un taxi color sabbia. Ho già in mente un paio di posti trovati sulla guida perciò mi faccio portare alla medina. Lungo i viali che dalla ville nouvelle portano alla parte vecchia, un tabellone segna 51° e non so se tenere aperto o chiuso il finestrino, dal momento che l'aria che colpisce il mio viso è rovente ed è come essere in una fornace e aver inghiottito un phon acceso.
Per fortuna, nella settimana che abbiamo trascorso tra Marrakech e il deserto dell'Erg Chebbi, temperature così elevate non si sono ripresentate: diciamo che oltre i 43 – 45° non siamo mai risaliti...bella consolazione eh?!
Oltre alla mediana e alla Djermaa el-Fna, ci sono molte cose da vedere a Marrakech, tra cui non potete perdervi il Palazzo Bahia, la Moschea Koutubia e la Medersa di Ali ben Youssef.
Però, la mia preferita è stata senz'altro la Kasbah, attraversata un po' per caso mentre andavamo al Palazzo Reale.
D'un tratto sono spariti incantatori di serpenti e di turisti da viaggio organizzato, ristoratori poco seri, venditori di fumo e quant'altro di negativo inevitabilmente viene fuori quando un posto è troppo turistico.
Percorrendo una strada tutta un negozio di materassi, si arriva all'ingresso della Kasbah, ben segnalato dalle cicogne che hanno nidificato sulle colonne che dominano la piazza. Intorno, gente tranquilla che si fa gli affari suoi; negozi e ristoranti frequentati dalla gente del posto. Per strada non ti considerano minimamente, nessuno che vuole venderti questo e quello. Ecco, è per istanti così che viaggio, per scoprire ogni volta che basta svoltare un angolo per fare pace col mondo.
Restiamo a mangiare qui e non ci sembra possibile essere sotto lo stesso cielo del ristorante dove abbiamo cenato la prima sera, alla Djemaa el-Fna, quando continuavano a portarci al tavolo roba mai ordinata per presentarci un conto su cui abbiamo a lungo discusso.
Mentre lasciamo la Kasbah già preoccupati di doverci reimmergere nel caos delle medina, ci fermiamo a una bancarella di dolci per comprare le delizie marocchine di pistacchi, mandorle e miele - buoni e assolutamente da assaggiare - molto apprezzati dalle vespe che ricoprono il vetro anche sulla parte esterna, come ha scoperto la povera manina di Alessandro. Il ragazzo della bancarella è subito intervenuto e, nonostante non sia scesa nemmeno una lacrima a mio figlio, era molto dispiaciuto, salvo poi tranquillizzarci dicendo che questa cosa l'avrebbe reso più forte!
E nella stretta di mano, nel sorriso cordiale e nei mille complimenti per essere venuti a visitare la sua terra con i nostri figli, è spiegato il perché viaggiare ci rende felici.
Il nostro viaggio in Marocco prosegue da Marrakech a Meknès, passando per la splendida Lagua di Oualidia, una località di mare ancora poco conosciuta tra i viaggiatori, che vi consiglio caldamente.