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Sindrome da rientro: quando te la fanno venire i trasporti pubblici italiani

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Dettagli
Scritto da Francesca Cioccoloni
Categoria: Thailandia
Ultima modifica: 17 Febbraio 2017
Visite: 4175
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A volte si fatica davvero per tornare a casa, non solo perché vittime della famigerata sindrome da rientro ma anche per la disorganizzazione dei trasporti pubblici italiani. Partiamo dall'inizio però. Il nostro viaggio in Thailandia con bambini è finito giovedì scorso, quando all'alba siamo saliti su un taxi in direzione aeroporto, quindi su un aereo della Finnair diretto a Helsinki.

Da lì poi, dopo uno scalo di appena 45 minuti avevamo la coincidenza per Milano Malpensa. La prima cosa a cui ho pensato quando feci i biglietti è stata che avremmo perso sicuramente i bagagli perché, con così poco tempo, l'eventualità c'era. Ma il pensiero più grande era una volta atterrati a Malpensa, quando in 38 (trentotto!) minuti dovevamo sbarcare, riprendere gli zaini sul nastro – o peggio ancora fare la denuncia di smarrimento – e salire sul treno Malpensa Express direzione stazione centrale, da dove l'ultima Freccia per Firenze parte alle 20.15. Perdere quel treno avrebbe significato passare la notte in stazione per aspettare quasi le 6.00 e poter finalmente tornare a casa. Una famiglia con due bambini piccoli che hanno già affrontato un volo intercontinentale cosa può desiderare di più? E credetemi, non c'erano alternative; Italo Treno per esempio fa l'ultima corsa addirittura prima di Trenitalia. E' ovvio che se fosse successo avremmo preso una stanza...però è inammissibile che città come Milano, Firenze, Roma e di conseguenza anche Napoli, siano collegate solo fino a quell'ora.

Atterrati a Helsinki ci dirigiamo veloci verso il controllo passaporti e, come nella migliore delle tradizioni che ci affliggono, becchiamo la fila con il poliziotto più zelante di Finlandia. Quando finalmente riusciamo a passare, dobbiamo per forza chiedere la cortesia di saltare la fila al controllo bagagli perché sennò addio coincidenza. Grazie alla clemenza della folla riusciamo a raggiungere l'imbarco per Milano con sufficiente anticipo da potermi permettere addirittura una sosta alla toilette.

Mentre stavamo aspettando il decollo già con le cinture allacciate, ecco che una hostess ci porta il gattino di peluche che mio figlio aveva dimenticato sull'altro aereo. Non ci crederete ma, mentre pulivano devono averlo trovato, verificato chi fosse seduto a quel posto, controllato dove fosse diretto per poter restituire il gattino smarrito, non prima però di avergli stampato anche la carta d'imbarco...grazie Finnair!

 

 

 

Il volo parte e atterra in orario a Milano, precisamente alle 18.05; di corsa raggiungiamo il ritiro bagagli e guardiamo per un tempo interminabile lo scorrere di valigie e zaini appartenenti a qualcun altro. Poi, quando già stavo cercando con gli occhi l'ufficio per le denunce, ecco che appaiono due enormi sacconi trasparenti con dentro i nostri zaini. A Bangkok ce li avevano imballati bene bene, perciò, dopo un primo momento di incredulità, come un bambino che scarta un pacco regalo il giorno del suo compleanno, rompiamo i sacchi e ci mettiamo gli zaini in spalla. Poi via, di corsa verso il treno, felici più che mai di avere meno di 20 chili in spalla (a proposito, le compagnie aeree dovrebbero predisporre degli sconti per chi come noi ha a disposizione 92 chili di bagagli da stiva e ne imbarca solo 35!).

Adesso arriva il bello: dopo una corsa pazzesca fino alla macchinetta che eroga i biglietti; l'acquisto con bancomat perché non c'era la fila; la corsa giù per la scala mobile che arriva ai binari, ecco che vediamo il treno, il Nostro treno, allontanarsi quasi facendoci il segno dell'ombrello. In quel momento ci siamo dovuti ricordare che viaggiamo con due bambini e che non è bello sfoderare il repertorio delle peggiori parolacce; tuttavia il nostro disappunto è stato fortunatamente colto da una famiglia in procinto di salire sul treno per Milano Cadorna, e che ci spiega come fare per arrivare in stazione centrale prendendo quel treno e poi la metropolitana.

Grazie a questa dritta e alle gambe capaci ancora di correre con bagagli e - nel caso di Graziano - anche con bambino in braccio, arriviamo al binario da dove parte la Freccia per Firenze con un buon quarto d'ora di anticipo. Io, povera ingenua, mi rivolgo al bigliettaio nel suo gazebo proprio lì davanti al treno, convinta di avercela fatta ormai. Invece no: è tutto pieno, dapprima sembra che ci sia posto solo pagando qualcosa come 250 € - un affarone per poco più di un'ora e mezza di treno -, poi nemmeno più quello.

Graziano e io ci scambiamo uno sguardo pieno di stanchezza e rabbia che voi non avete idea. Soprattutto perché avremmo potuto risparmiare a noi e soprattutto ai nostri figli una corsa pazzesca come quella appena fatta, dove spesso i vari “ho fame; sono stanco; devo fare la pipì” venivano bocciati con dei “tra un momento ti do qualche biscottino; ti prendo in braccio; resisti!”

A quel punto, forse mosso a compassione, il bigliettaio ci fa intendere che probabilmente a bordo qualche posto libero ci sarebbe stato comunque e che andando dal controllore questo avrebbe capito la situazione e fatto il biglietto, certamente anche la multa. Sui treni ad alta velocità è obbligatorio il posto a sedere, in teoria.

Beh, una volta saliti a bordo e trovato un controllore veramente clemente e che avrà in eterno la mia gratitudine, ci rendiamo conto di non essere stati soltanto noi ad aver avuto quell'idea: c'erano più persone in piedi che sedute, roba che facevi fatica a passare da un vagone all'altro. Poi per fortuna qualche posto salta fuori, almeno per i bambini, lasciandomi il tempo per alcune considerazioni sui trasporti della Thailandia, sui molti autobus presi la notte e sul comfort della maggior parte di essi. Mi rendo conto che questi paragoni non reggono, che noi siamo molto più macchina dipendenti e che quindi riempire tutti i giorni dei treni notturni sarebbe un problema.

Una tratta però come quella di Milano – Firenze – Roma – Napoli non può avere come ultima corsa un treno che parte alle 20.15; e non lo dico io, ma le centinaia di persone in piedi che, come me, erano su quel treno che sfrecciava a 300 Km all'ora sostando nei passaggi di intercomunicazione, in barba alle norme di sicurezza.

 

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